Tre incontri in videoconferenza con Selvaggia Lucarelli
10 ottobre, 17 Ottobre e 24 Ottobre 2023
Quando ho iniziato a scrivere sui giornali e sul web avrei voluto che qualcuno mi spiegasse alcune delle cose che ho imparato in 20 anni di errori, illuminazioni e aggiustamenti.
Vi aiuterò dunque a orientarvi nel complesso lavoro di ricerca, verifica e attenzione che c’è dietro al giornalismo, alle mie pagine social, ai miei articoli, alle mie inchieste.
Conoscerlo può essere uno strumento utile non solo per chi scrive o vuole scrivere, ma anche per chi legge e desidera qualche strumento in più per decifrare la mappa confusa del giornalismo vorace, veloce e clickbait.
Saranno tre incontri in videoconferenza, ognuno della durata di due ore, a cui seguiranno altri 60 minuti per rispondere ad una selezione di domande raccolte durante la diretta.
Perchè un giornalista non dovrebbe mai innamorarsi di una tesi
Quanti modi esistono per raccontare una storia?
Molti, ma il metodo dovrebbe prevedere sempre un punto fermo: quello di fornire al lettore TUTTI gli elementi perché possa coltivare una sua idea di verità. O un dubbio informato.
Spesso però, il giornalismo e in particolar modo la cronaca nera cedono alla tentazione di selezionare SOLO alcune informazioni da fornire al lettore. Per creare tesi più suggestive, per allungare inchieste o puntate dedicate allo stesso caso o, più semplicemente, per monetizzare grazie a titoli e notizie sensazionalistiche che però sono verità parziali. O totali bugie.
Prendendo come spunto casi noti quali “il caso Ciontoli/Vannini”, “Tiziana Cantone”, e “Erba" nonché alcune sentenze molto discusse dall’opinione pubblica e il documentario “Il caso del Cecil Hotel”, nel primo incontro vi spiegherò come riconoscere il cherry picking e come resistere alla tentazione di “praticarlo”.
L’euristica e come l’empatia può inquinare la verità.
Dall’arrivo dei social in poi, è diventato sempre più difficile per un giornalista maneggiare una notizia avendo a che fare con il tifo di chi si pone accanto alla “vittima” in maniera dogmatica.
La vittima, anche se solo presunta, è sempre pura, sincera, incontestabile. Dunque, quando è necessario scavare nella sua verità, si possono innescare meccanismi di difesa collettiva, talvolta molto violenti e nemici di una corretta ricostruzione giornalistica. I giornalisti si ritrovano accusati di scarsa empatia o, addirittura, di vittimizzazione secondaria, oltre che di “flirtare” con il carnefice.
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Come bilanciare la necessità di indagare anche sulla verità delle presunte vittime, proteggendo la parte più debole di una vicenda, ma anche la ricostruzione oggettiva dei fatti? E siamo sicuri che le vittime siano sempre, davvero, la parte più debole della storia?
I casi Bibbiano e Rignano Flaminio ma anche Paolo Palumbo e Malika Chalhy, la falsa beneficenza, le false accuse e, infine, i familiari delle vittime, quando sfruttano e vengono sfruttati dal sistema mediatico.
Come allenare il dubbio. E anche un po’ il coraggio
Partendo dai casi (di cui mi sono occupata) Juice Plus e Balocco, Doppia Difesa e Emme Team, vi racconto cosa significa allenare il dubbio di fronte a notizie che sembrano indubitabili. E come condurre un’ inchiesta districandosi ormai spesso tra social, post, storie, commenti e con gli strumenti giusti per non soccombere di fronte a diffide e querele temerarie.
10 ottobre, 17 ottobre e 24 ottobre 2023
Terminato